L’ESAME DI STATO

 

L’attuale composizione tutta interna delle commissioni rende l’esame di Stato inutile e devastante.

Inutile perché ne fa un doppione degli scrutini finali di ammissione agli esami. I giudici non cambiano: perché far loro ripetere un giudizio già espresso? Se, poi, le prove d’esame dessero risultati diversi da quelli di fine corso scolastico, perché affidarne la valutazione a chi ha già espresso un giudizio complessivo e finale, di cui il giudizio d’esame deve già tenere conto? Devastante perché l’esame di Stato, previsto dall’articolo 33 della Costituzione, è un pilastro del sistema scolastico statale: ridurlo ad un rito inutile e vuoto significa rendere più private le scuole private e favorire la deriva dell’autonomia verso la frantumazione del sistema scolastico statale.

La prescrizione dell’esame di Stato è uno dei pochi elementi che la Costituzione, nella sua prima parte (quella mai messa in discussione da nessun tentativo di riforma), stabilisce per la scuola.

Gli articoli 33 e 34 stabiliscono infatti, oltre all’esame di Stato:

  • Che “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”
  • Che “statali” devono essere le scuole che la Repubblica istituisce “per tutti gli ordini e gradi”
  • Che la “scuola è aperta a tutti”, obbligatoriamente e gratuitamente “per almeno otto anni”, “fino ai gradi più alti” per “i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi”.

L’esame di Stato dovrebbe accentuare il carattere “statale” che le scuole della “Repubblica” (non delle Regioni o di altri Enti!) devono avere ed offre al “merito” una garanzia statale. Non sono casuali, a questo proposito, con la formula degli esami “in famiglia”, in molte scuole private (i cosiddetti “diplomifici”) il livellamento verso l’alto delle votazioni e l’ aumento degli anticipi per merito, cioè di studenti con la media dell’otto al penultimo anno che sostengono con successo gli esami saltando il quinto anno.

L’Esame di Stato, quello degno di questo nome, offre un titolo valido a chi supera le prove e toglie autoreferenzialità alle singole scuole, alle singole classi e, addirittura, ai singoli insegnanti, imponendo al lavoro scolastico una verifica ed un controllo esterno.

Non trascurabile, inoltre, l’effetto di aggiornamento dei docenti che dovendo lavorare come giudici in altre scuole e su lavoro altrui possono misurarsi con metodi e situazione nuove. Il docente, che alla maturità fa il commissario di Stato su lavoro di altri, ha non solo modo di rendersi conto di essere un funzionario dello Stato, ma sa che il suo lavoro d’insegnante verrà sottoposto a controllo, sia pure indiretto, di un collega funzionario di Stato come lui.

L’Esame di Stato con commissione interna, tra l’altro, alimenta il rischio di persistenza di problemi relazionali, nel rapporto docenti-studenti, in qualche modo riequilibrati in presenza di esterni nella commissione, nel confronto con gli altri. Diventa infatti difficile evitare sia che sui candidati si proiettino "effetti alone" (in positivo e in negativo) maturati nel corso del triennio sia che le valutazioni anche delle prove d’esame vengano attribuite in vista di un risultato finale già in qualche modo prestabilito, insomma in modo poco oggettivo, nonostante la produzione di più o meno macchinose e analitiche griglie di valutazione.

Nell’Esame di Stato con commissione interna, inoltre, sempre più spesso, al momento del colloquio che si svolge in un clima familistico, gli studenti propongono contenuti di taglio umanistico, semplificati e banali, organizzati in percorsi ormai inflazionati, frutto più che di ricerca personale e collaborazione con il consiglio di classe, di esplorazioni affannose di siti web che forniscono percorsi “chiavi in mano”. Manca fortemente la cultura scientifica e i docenti interni tendono, soprattutto per le materie già coinvolte, sia pure superficialmente, nella fase iniziale del colloquio, ad astenersi da ulteriori accertamenti per evitare di mettere in difficoltà i candidati e, in qualche modo, anche in buona fede, di compromettere un risultato finale su cui si proiettano precise aspettative.

Su questo incidono anche malintese forme di valutazione quantitativa dell’esito che, grande enfasi dei media, puntano sul tasso di promozione e sulla quantificazione delle valutazioni “alte”, con evidenti, anche se illusori, effetti di gratificazione per scuole, docenti e studenti. Ben poco può fare l’unico Presidente di commissione esterno che, soprattutto nelle scuole grandi, difficilmente può assistere ai colloqui ed evitare di limitarsi a ratificare l’operato dei consigli.

L’esame di Stato, a composizione esterna, è un utile contrappeso ai rischi di una malintesa libertà d’insegnamento e alla tendenza dell’autonomia all’autoreferenzialità.